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venerdì 24 febbraio 2012

ATTACCO DA DESTRA



" Il modello sociale europeo è già morto" : è questa la dichiarazione rilasciata dal governatore della BCE in una lunga intervista  al Wall Street Journal.
Frutto di un secolo e mezzo di conquiste sociali, il nostro Welfare, espressione di una cultura occidentale che , riteniamo , su questo piano, sia la più avanzata del mondo, dovrebbe essere liquidata dall'ingordigia delle banche e dei mercati, in nome di nuove regole snelle e flessibili dettate da loro.
Quando parliamo del "modello sociale europeo", come lo definisce Draghi, parliamo dell'identità della nostra civiltà occidentale, presente anche nei principi espressi dalla nostra costituzione, del valore del lavoro in una società che affonda le sue radici nell'umanesimo del pensiero illuminista.
Chi ha provocato la crisi ora pretende di addossarne le cause a chi l'ha dovuta subire sul proprio corpo:
"Superior stabat lupus, longeque inferior agnus..."
             Gli intervistatori del Wall Street Journal oppongono a Draghi la critica più frequente che viene mossa negli Usa (sia dall´Amministrazione Obama che dai media, o anche dal Fmi), cioè l´effetto pro-ciclico dell´austerity imposta ai paesi europei.
            Draghi ribatte a sua volta con una domanda retorica: «C´è un´alternativa al risanamento dei bilanci pubblici?» E si dà questa risposta: «I rapporti tra debito pubblico e Pil erano eccessivi, quindi non c´è alternativa al consolidamento fiscale, anche se non si può negare che nel breve termine questo abbia l´effetto di frenare la crescita».
            Il governatore della BCE  affronta indirettamente le critiche rivolte dagli americani ad Angela Merkel, accusata di imporre la recessione al resto d´Europa. Pur senza citare la Germania da sola, né la sua cancelliera, il banchiere centrale descrive un´eurozona dove ci sono «paesi ad alto debito e bassa crescita, e paesi con pochi debiti e forte crescita». E quindi osserva: «Non possiamo stare in un sistema dove tu spendi quanto vuoi, e poi chiedi agli altri di emettere bond tutti insieme. Non si può stare in un sistema dove tu spendi e io pago. Prima di spostarci verso una unione fiscale dobbiamo avere un sistema in cui ogni paese sa reggersi da solo.
E' opinabile che Grecia e Germania, per fare un esempio abbiano lo stesso peso e la stessa responsabilità. I vasi di coccio si rompono quando si scontrano con quelli di ferro e, nella comune economia dell'Europa, è troppo facile per il gigante fare le pulci al topolino.
E' questo modello di Europa che noi rigettiamo. Una Europa così, alla lunga, non potrà  che suscitare l'odio di tutti i suoi figli.
A questa destra che non ha titolo perl dettare regole, come fa con supponenza e arroganza, dati i disastri da essa provocati e il marasma in cui ci troviamo per causa sua, si contrappone una sinistra che si muove in direzione opposta  per porre rimedio alle cause che il disastro hanno determinato. Un pensiero critico mondiale nei confronti del finanzcapitalismo, come viene definito da Gallino, non è tuttavia patrimonio esclusivo degli economisti e dei sociologi di sinistra. Gran parte della cultura economica mondiale manifesta malessere e critica nei confronti di teorie liberiste sempre meno difendibili.
Nell'ambito di questa riflessione internazionale sulla crisi è significativo il recente  incontro tra i leader dei maggiori partiti della sinistra europea dal quale prende l'avvio il  cosiddetto "manifesto di Parigi", com´è stato ribattezzato dall´Unità. Si tratta dell'intesa tra Bersani, Hollande (Ps) e Gabriel (Spd) per una sorta di programma socialdemocratico del XXI secolo, primo  abbozzo di risposta politica concreta dell'Europa che lavora contro l'aggressione della finanza senza controlli.
In controtendenza,da una concitata riunione di "Areadem, svoltasi ieri mattina, parte una durissima critica al segretario nazionale Bersani per la recente  presa di posizione in merito alla trattativa sul mercato del lavoro e per l'incontro di Parigi.
Tanta agitazione  per affermare un allineamento acritico all'azione del governo Monti denuncia un radicale scostamento della destra PD  rispetto al movimento della sinistra nel suo insieme e un chiarissimo spostamento verso posizioni politiche che sono chiaramente quelle del terzo polo.
Non vediamo quale sia lo scandalo di un partito della sinistra italiana che si confronta con i partiti della sinistra europea per trovare una alternativa alla politica delle destre.
Non vediamo quale sia lo scandalo di un Segretario del PD che sostiene le posizioni del mondo del lavoro, della CGIL e di Bonanni nella attuale trattativa col governo ( dovrebbe sostenere la Marcigaglia?).
I veltroniani con la loro scomposta agitazione in favore di una accettazione acritica di tutto ciò che propone il governo Monti si spingono oltre le posizioni dello stesso governo, ignorando che , mentre loro dividono sciaguratamente il fronte della sinistra, le lobby , sostenute e protette dal patron di sempre, impongono al governo duri dietro front sulle liberalizzazioni .
Lascio a voi ogni commento.

Giovanni Fazio



Allego l'articolo di Macaluso tratto dal "Riformista " del 22/02/2012 e quello di Giovanna Casadio da Repubblica di oggi 23/02/2012


 
Pd, dai filo-Monti stop al segretario "Il nostro sostegno sia senza ombre"



Franceschini: "Non possiamo certo essere noi a tenere il governo a bagnomaria"

GIOVANNA CASADIO


ROMA - Dopo tre ore di riunione, Antonello Giacomelli, che è stato capo della segreteria quando Dario Franceschini guidava il Pd, lancia un tweet che riassume gli umori sull´ultimo scontro democratico: «Dal patto di Vasto al manifesto di Parigi. L´evoluzione è stata notevole. Quella geografica, intendo». Perfidia di un cattolicodemocratico. Il "manifesto di Parigi"- com´è stato ribattezzato dall´Unità - è l´intesa tra Bersani, Hollande (Ps) e Gabriel (Spd) per una sorta di programma socialdemocratico del XXI secolo. Una mossa che ha risvegliato le ostilità anti-Pse degli ex Margherita. Si somma ai dissidi in casa Pd che girano attorno al nodo politico dell´appoggio a Monti e del futuro della sinistra.
La riunione era quella di ieri mattina di Areadem, la corrente di Franceschini. Sentimento dominante l´irritazione. Irritazione contro i "gauchisti" filo-Fiom ma anche contro Bersani e l´aut aut al governo Monti sulla riforma del lavoro e la messa in scena del conflitto Veltroni/Bersani. Franceschini in riunione è esplicito: «Il Pd è nato per rappresentare non una sola parte, e il nostro sostegno a Monti deve essere senza ombre, non possiamo certo tenere il governo a bagnomaria». Clima teso nel Pd, voci di scissioni che - dice il segretario - sono, come al solito, fatte circolare ad arte. Però non si possono minimizzare le spaccature tra i "full Monti" e i bersaniani. Veltroni e tutta la minoranza sostengono che «così si fa harakiri». Paolo Gentiloni è durissimo: «Monti non è il governo Badoglio», ripete. «Quando la smetteremo di incaprettarci sarà sempre troppo tardi», si sfoga Roberto Giachetti. Michele Meta chiede di «fare il tagliando al partito», non proprio un congresso (che sarebbe incomprensibile di questi tempi, con «i supermarket che vendono croste di formaggio a dimensione delle tasche dei pensionati», come replica Bersani) però qualcosa di molto simile. Perché «c´è un delirio su tutto», dalla legge elettorale («Sono ostile alle bozze che circolano nel Pd», s´indigna Parisi) al "manifesto di Parigi" , ma soprattutto su articolo 18 e riforma del lavoro. Beppe Fioroni, per dire, deve scrollarsi l´accusa di essere pronto all´abbraccio con i centristi dopo avere incontrato Passera («Ma era per parlare di Civitavecchia»). Tuttavia aggiunge: «Stiamo commettendo errori, perché siamo diventati complicatori, invece che facilitatori dell´intesa tra governo e parti sociali e così indeboliamo il paese». I veltroniani parlano di appiattimento sulla Cgil, che non piace affatto neanche al vice Enrico Letta.
Bersani sa bene che la messa in mora della sua leadership è sempre dietro l´angolo. La riforma del lavoro è solo la prima mina nel terreno accidentato che il Pd ha davanti. Però sul corteo Fiom c´è una retromarcia del "gauchisti" democratici. Bersani dichiara: «Non partecipiamo a manifestazioni contro il governo Monti ma se c´è una piattaforma compatibile, sì. Vedremo la piattaforma, ne discuteremo in segreteria». Stefano Fassina quindi frena: «Non farò nessuna fuga in avanti». Cesare Damiano è pronto a ripensarci, se la manifestazione Fiom del 9 marzo raccoglierà gli antagonisti, i no-Tav non andrà. Su Pse e Europa Bersani con un gruppetto Pd, ne discute a cena con Schultz.

 
Il tabù dei nemici
del tabù

di Emanuele Macaluso



problemi che pone la riforma del mercato del lavoro sono tanti e rilevanti. Ma si parla solo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Ed è curioso che proprio coloro che dicono di non fare di quell’articolo un tabù sono quelli che ne fanno un tabù.
Sembra che se non si cancella quell’articolo, nel mondo della produzione e del lavoro tutto debba restare come prima. In questo quadro le dichiarazioni della Marcegaglia sono sorprendenti e anche un po’ indecenti. Sorprendenti perché i suoi comportamenti, le trattative e gli accordi sulla contrattazione, non facevano certo pensare a una rinuncia alle riforme dell’articolo 18, ma sicuramente alla ricerca di una intesa complessiva con i sindacati. Indecenti perché fa di qualche caso di abuso (e ci sono stati) un’accusa che coinvolge il sindacato nel suo complesso. Non è un caso che i ministri più disastrosi del disastroso governo Berlusconi hanno alzato la voce proponendo, ancora una volta, la cancellazione dell’articolo 18 come uno spartiacque tra chi vuole le “riforme” e chi le nega. Ridicolo.
Debbo dire che la dichiarazione del presidente del Consiglio secondo la quale, se il governo non trova un accordo con le parti sociali, andrà avanti lo stesso è un’inutile sfida e un’imprudenza politica. Chi fa una trattativa deve solo dire che farà di tutto per concluderla positivamente. Se malauguratamente non riuscisse, decida il da farsi valutando la situazione nel momento in cui il fatto si verifica. Invece no: si discutono ipotesi e atteggiamenti muscolari. Bersani non poteva dire altro che quel che ha detto: se, nonostante la rottura con i sindacati, il governo presenta un testo è un fatto negativo ma valuteremo i contenuti per decidere come votare. E cosa doveva dire? Votiamo a scatola chiusa?
La reazione di alcuni giornali a questa posizione è solo strumentale. Tuttavia, il sindacato, che ha finalmente raggiunto una significativa unità, non deve restare sulla difensiva. È vero, oggi i licenziamenti si verificano perché le aziende chiudono o riducono drasticamente l’occupazione, e l’articolo 18 non c’entra niente.
Ma è anche vero che non ha senso rifiutare un confronto sul complesso dei problemi che quell’articolo pone, purché resti ferma la norma costituzionale di libertà contro ogni licenziamento per rappresaglia, per motivi politici, sindacali e razziali. I sindacati confederali hanno avuto sempre una moralità nella concezione del lavoro che contraddice radicalmente con la difesa dei “fannulloni”. Non scherziamo con il dramma che oggi attraversa tutto il mondo del lavoro.
La legittima preoccupazione di perdere il lavoro ha innalzato la produttività, anche dove non si verificano innovazioni tecnologiche. I tempi sono difficili per tutti e il governo opera per fare uscire il paese da una morsa che può schiacciarlo: per questo va sostenuto, ma esso deve anche operare per non perdere il consenso dei lavoratori. La ridicola campagna di “sinistra” contro il “governo delle banche” va respinta perché i fatti dimostrano il contrario. Ma chi pensa che quello di Monti poteva essere il governo della sinistra alternativa alle banche e al mondo dell’impresa, è un cretino. Del resto in passato chi ritenne che dovesse esserlo il governo Prodi, (classe contro classe!) provocò solo disastri e costruì autostrade a Berlusconi. La sinistra lavori e operi per essere se stessa e progettare un futuro diverso per questo paese.
mercoledì, 22 febbraio 2012




martedì 21 febbraio 2012

VELTRONI E IL PD



                   L'intervista rilasciata domenica scorsa da Walter Veltroni a Curzio Maltese sul quotidiano Repubblica  rilancia in avanti il dibattito che, all'interno del PD e della sinistra , non solo in Italia, affronta i problemi che scaturiscono dalla grave crisi del capitalismo e quindi dai presupposti di uno sviluppo senza limiti e senza fine, dall'esaurimento delle risorse del pianeta, dal surplus produttivo che contrasta con la povertà assoluta di due miliardi di esseri umani e con la morte per fame di milioni di bambini.
                   Non si possono eludere i temi fondamentali riguardanti il presente e il futuro dell'umanità e quindi anche nostro. Non si possono impostare politiche nazionali e locali eludendo l'analisi delle cause che hanno determinato i guasti incommensurabili della devastante finanziarizzazione dell'economia mondiale.
                   Non è quindi "ideologia" ma concretezza politica relazionarsi alle questioni fondamentali e quindi, anche in Italia, impostare una politica che affermi il primato della politica sul mercato. Abbiamo cioè il dovere di mettere al primo posto gli esseri umani e quindi di porre regole e limiti severi all'ingordigia liberista e alle teorie di coloro che ci hanno portato in tale disastro.
                   Quando Veltroni dichiara " Monti è un riformista, non lasciamolo alla destra. Basta tabù sull'articolo 18"  credo che provochi in, primo luogo, un sorriso dello stesso Monti che  sa benissimo che nessuno può regalarlo alla destra in quanto lui è la destra. Una destra onesta,diversa da quella che ha sgovernato per quasi un ventennio l'Italia, una destra liberale che crede nello stato, nella autonomia della magistratura, nella libertà di stampa e in tutti quei valori che caratterizzano la democrazia liberale, quegli stessi valori condivisi e di base che una parte della sinistra nel secolo scorso non esitava a bollare col termine di "democrazia formale" . Dopo il fallimento mondiale del comunismo che questi valori irrideva come sirene del dominio della borghesia,  è chiaro a tutti che non ci può essere giustizia sociale senza i diritti civili che non sono  "formali" ma rappresentano la sostanza della nostra civiltà.
                   Tuttavia limitarsi a sostenere esclusivamente  la forma democratica dello stato non è sufficiente, come dimostrano i guasti di oggi e come confermano, al contrario, più di sessanta anni di esperienza delle socialdemocrazie scandinave che hanno realizzato società lontane anni luce dalla nostra.
                   Perché i diritti scritti sulla carta costituzionale si traducano nella realtà in cose concrete è necessario promuovere politiche sociali che affrontino sia nel nostro paese che in un contesto europeo e mondiale i bisogni emergenti dei lavoratori, dei disoccupati, delle donne, dei giovani insomma di tutti coloro che in questi giorni non scorazzano sui suv a Cortina. E' necessario modificare le regole che reggono la società mondiale e subordinare il mercato e la finanza ai bisogni dell'uomo.
                   E allora, partendo proprio dai valori della nostra democrazia tanto martoriata, non è immaginabile, come pensa Veltroni ,che in altra occasione non ha esitato di osannare Marchionne, che la risposta sia nello smantellamento dei diritti dei lavoratori, così come si sono configurati in sessant'anni di lotte e di sacrifici .
                   Non possiamo accettare formule liberiste che, in nome della "flessibilità" e dell'aderenza alle leggi del libero mercato, riducano i nostri lavoratori agli stessi livelli dei poveri albanesi che si accontentano di lavorare per pochi euro al giorno. Non possiamo minimamente pensare che, di fronte elle enormi ricchezze che si accumulano nel pianeta, la risposta alla crisi sia quella di ridurre i diritti e gli stipendi dei nostri lavoratori portandoli allo stesso livello di quelli dei lavoratori cinesi.
                   Non possiamo pensare che un partito che ha  ereditato dalla storia la difesa dei diritti costituzionali connessi in maniera inscindibile a quelli dei lavoratori, auspichi, come fa Veltroni, una dicotomia col mondo del lavoro, rinnegando la CGIL e, con essa ,  lo stesso statuto dei lavoratori o parti importanti di esso. Se il PD non è più espressione di quei ceti sociali (una volta detti correttamente "classe") dei loro bisogni e della loro cultura,  quale cultura e quali ceti intende rappresentare? Quale modello di società intende proporre alla intera nazione?  
                   E' questo il nocciolo del dibattito che sta animando il PD. Da una parte l'interclassismo paternalistico  e "illuminato" di Veltroni che in nulla differisce dal pensiero liberale che anima lo stesso Monti,  dall'altra chi al liberismo economico e alla voracità della finanza e dei mercati si contrappone portando avanti e non abolendo l'umanesimo che nasce dalla cultura del lavoro.
                   Anche se stiamo tutti sulla stessa barca non dimentichiamoci che c'è chi rema e ha sempre remato e chi se la spassa nei saloni di prima classe. L'esigenza di un etica anticapitalistica della società che ponga al centro l'uomo, il lavoro, il benessere sociale e non il mercato è alla base di questo dibattito che anima il PD e la logica delle sue alleanze.
                   Monti sta svolgendo un buon lavoro, restituendo dignità ed efficienza allo stato, ripristinando le regole fondamentali della convivenza democratica, lottando contro la corruzione e le camarille, creando una nuova etica pubblica anche rispetto ai reati fiscali . Sta costruendo le premesse sulle quali gli uomini di buona volontà potranno lavorare per trovare uno sbocco alla attuale crisi.
                   Lo fa a modo suo da liberale e non tutto ciò che fa è condivisibile, tuttavia ne apprezziamo lo sforzo nel suo complesso.
              La crisi è una grande opportunità per individuare i mali che l'hanno generata, per questo  assistiamo da più parti alla nascita e alla evoluzione di un nuovo pensiero critico  che vede, sia pure con posizioni molto differenziate, dalla stessa parte i  più attenti esponenti della socialdemocrazia tedesca, fortemente critici nei confronti della politica di Merkel, il candidato della sinistra francese Hollande, molti sociologi  ed economisti tra cui il nostro Luciano Gallino e la nuova scuola della  Modern Monetary Theory, come scrive Rampini da New York, " ... che ha l´ambizione di essere la vera erede del pensiero di Keynes, adattato alle sfide del XXI secolo. Che ha la certezza di poter trainare l´Occidente fuori da questa crisi. A patto che i governi si liberino di ideologie vetuste, inadeguate e distruttive. È una rivoluzione copernicana, il cui alfiere porta un cognome celebre: James K.Galbraith, docente di Public Policy all´università del Texas e consigliere "eretico" di Barack Obama."

"Il nuovo Verbo che sconvolge i dogmi degli economisti, assegna un ruolo benefico al deficit e al debito pubblico. È un attacco frontale all´ortodossia vigente. Sfida l´ideologia imperante in Europa, che i "rivoluzionari" della Modern Monetary Theory (o Mmt) considerano alla stregua di un vero oscurantismo. Quel che accade in questi giorni a Roma e Atene, l´austerity imposta dalla Germania, per i teorici della Mmt non è soltanto sbagliata nei tempi (è pro-ciclica perché taglia potere d´acquisto nel bel mezzo di una recessione), ma è concettualmente assurda. "

Consiglio di leggere l'intero articolo di Rampini pubblicato su Repubblica del 21 Febbraio.

        C'è una nuova sinistra  che si interroga in maniera non ideologica e non dogmatica sulle nuove strategie che si debbono mettere in atto non solo per uscire dalla attuale crisi ma per dare una risposta organica e complessiva alle ineludibili problematiche aperte drammaticamente da essa e dal sistema che l'ha generata.
       Da questa nuova frontiera si parte riaffermando e spostando in avanti i diritti che sono il portato storico sociale e le fondamenta della nostra civiltà e difendendoli dove oggi vengono attaccati.
       La linea di demarcazione dello scontro passa anche attraverso la difesa dell'articolo 18 della statuto dei lavoratori.
Su questo Veltroni si è fatto pateticamente scavalcare a sinistra anche da Bonanni, il ché è tutto dire.

       Ci auguriamo che la sinistra italiana non si faccia sfuggire la grande occasione di rilancio di una politica che le ridia spazio e ruolo. In questo quadro va visto positivamente, anche all'interno del PD, il risultato delle primarie a Genova.
     Non bisogna "correre ai ripari", come chiede ottusamente qualcuno all'interno del partito, ma far tesoro di questa nova forma partecipativa della società civile.

      E' in atto un grande processo di riappropriazione della politica da parte dei cittadini, l'avevamo atteso, insieme a Nanni Moretti da tempo, adesso il momento è arrivato.
     A questo punto una scelta nel partito è ineludibile: non operarla significherebbe non aderire alla esigenza di chiarezza che  i tempi e i fatti esigono dalla più importante formazione politica della sinistra italiana. E' indispensabile uscire dal limbo della non scelta e scendere nelle strade, in mezzo ai cittadini.
    E' necessario pagare il prezzo del biglietto per salire sul treno di un movimento internazionale che rialza la testa e ridefinisce le basi ideali e le strategie per un nuovo progetto di umanità: perdere questo treno potrebbe significare restare per sempre a terra.
  Non sempre le scelte auspicate si realizzano, e non sempre la storia va nella direzione da noi sperata.

Giovanni Fazio

  





martedì 14 febbraio 2012

AIUTIAMO IL POPOLO GRECO


Condividiamo fino in fondo le considerazioni espresse da Gad Lerner nell'articolo apparso oggi 13 Febbraio su Repubblica:
 " Davvero qualcuno pensa di salvare l´Europa così, spezzando le reni alla Grecia? Proprio a ciò stiamo assistendo, con disagio: l´illusione nefasta di restituire unione al Vecchio Continente con il bastone dell´austerità, calpestando la rivolta di piazza Syntagma e contrapponendo un Parlamento prigioniero al suo popolo affamato. La sequenza di provvedimenti dettati dalla Troika al governo di Atene ricorda l´indifferenza del boia piuttosto che non l´abilità del chirurgo. Questa entità burocratica, composta dalla Commissione di Bruxelles, dalla Banca centrale di Francoforte e dal Fondo monetario di Washington si propone di erigere un firewall, cioè un muro antincendio, come estrema difesa dell´euro. E pazienza se al di là di quel muro sono i greci a bruciare."
E' chiaro a tutti che i veri responsabili del fallimento greco sono sempre gli stessi soggetti che hanno innescato la crisi finanziaria internazionale e che adesso continuano imperterriti a dettare ricette disastrose alle vittime della loro criminale politica speculativa.
E' fin troppo facile capire che i primi a soccombere sotto i colpi del grande saccheggio internazionale siano stati gli stati più piccoli e più deboli, specie se inseriti al'interno di un sistema monetario rigido, come quello dell'euro che non consente loro di attuare politiche monetarie difensive. E' anche sintomatico che un governo greco di destra abbia tentato di evitare il redde rationem di una politica disinvolta truccando i conti. Di ciò pagò le conseguenze il suo successore socialista Papandreu che, innocente rispetto all'escamotage della destra, non seppe fronteggiare l'Europa mettendola di fronte alle sue responsabilità. Allora, un'Europa governata, di fatto, dalla presidente Merkel e dal suo ministro dell'economia Wolfgang Schauble , mise in atto il suo diktat caratterizzato da una serie di pacchetti di austerità che , come si vede chiaramente, non risolvono il problema ma , al contrario hanno messo drammaticamente in ginocchio il popolo greco. Come mai la cura è stata così poco efficace?
E' semplice, perché la stessa non era indirizzata a curare il popolo greco ma le banche internazionali che dovevano primariamente essere salvate da una insolvenza del debito ellenico.
Perso di vista il paziente i medici impazziti hanno infierito sul suo corpo sperando si salvare le proprie banche e, con esse, l'intero sistema dell'Euro senza capire che un morto diventa insolvente de facto e che quindi era loro primario interesse ( egoistico) tenere in vita l'ammalato e restituirgli uno stato di salute florida.
Nessuno ha mosso un dito per evitare che gli interessi sui titoli greci raggiungessero livelli di vero strozzinaggio. E' strano: lo strozzinaggio è considerato un turpe reato e combattuto all'interno degli stati europei, ma nessuno trova alcunché da ridire se lo stesso viene praticato dal cosiddetto mercato cui tutto è lecito.
Afferma Lerner " La Troika non vede di buon occhio la scadenza del prossimo mese d´Aprile, quando i greci dovrebbero eleggere democraticamente un nuovo parlamento e un nuovo governo. Teme che la volontà popolare contraddica il piano di lacrime e sangue cui ha vincolato la concessione di ulteriori prestiti. Esige un commissariamento della sovranità nazionale che non è previsto da alcun trattato, e quindi delinea una nuova forma di colonialismo il cui dominio si fonda non più sugli eserciti ma sul debito."

Ci auguriamo che il nuovo parlamento greco che verrà dalle imminenti elezioni sia capace di esprimere un governo che faccia ciò che Papandreu non fu capace di fare.
Che il capitalismo finanziario abbia mostrato tutti i suoi limiti e il proprio fallimento è certificato dai risultati catastrofici che hanno sconquassato l'economia del pianeta. Non si tratta quindi di teorie ma di piazze che bruciano, come ieri è avvenuto ad Atene.
Qualcuno già pensa all'effetto  domino di piccoli stati che seguiranno le sorti della Grecia e qualcun altro si spinge a ipotizzare che la stessa sorte potrebbe toccare a stati come il nostro e come la Francia .
Non a caso critiche severe all'operato di Merkel e dei suoi alleati liberali in Germania vengono dal presidente del Parlamento Europeo Schulz e dalla socialdemocrazia tedesca; stesse critiche e un programma di un rafforzamento della Unione Europea e  di forte contrapposizione alle politiche liberiste  vengono dal candidato socialista alle presidenziali in Francia Hollande.
 Non c'è sociologo od economista, compresi quelli di destra ( e non è strano che anche Tremonti abbia finalmente aperto gli occhi davanti al disastro del liberismo) che non ritenga urgente un'accelerazione della costruzione di una Europa che governi i processi e indichi una via di uscita dalla aggressione dei mercati. Un 'Europa che ricalchi la coraggiosa politica di Roosvelt quando con il New Deal seppe mettere un limite invalicabile allo strapotere finanziario delle banche.
  Lo stesso presidente Monti , pur essendo un liberale, si rende conto della necessità di un governo politico europeo dell'economia.
Fino a quando i governanti tedeschi non capiranno che ogni membro dell'unione deve essere difeso strenuamente dalla speculazione internazionale, che ogni membro dell'unione ha pari dignità e parità di diritti, che la sorte della solida Germania non è indipendente da quella della dilaniata Grecia, che all'Europa delle banche deve sostituirsi quella dei cittadini , la catastrofe definitiva dell'intero sistema economico europeo può essere solo rimandata ma non evitata.
A chi oggi sostiene, la cantilena dei populisti interssati che destra e sinistra ormai siano la stessa cosa, rispondiamo che dalla scelta tra l'attuale strategia di destra o da una diversa politica della sinistra europea dipende, non ideologicamente  ma nella concretezza, la salvaguardia dei nostri beni, della nostra salute, dei nostri diritti e della nostra cultura.
Per questo motivo l'appello "Aiutiamo il popolo greco" non è un generoso invito alla solidarietà ma la frontiera sulla quale dobbiamo impegnarci per una svolta politica che salvi l'Europa dalla catastrofe e con essa le nostre vite e quelle dei nostri figli.
Manifestiamo nelle piazze di tutta Europa contro l'aggressione alla Grecia. Uniamoci al movimento degli indignati in una grande campagna europea per una Europa forte e unita, equa e solidale,   non più matrigna ma vera patria di tutti i suoi figli.

Giovanni Fazio