Pagine

martedì 21 febbraio 2012

VELTRONI E IL PD



                   L'intervista rilasciata domenica scorsa da Walter Veltroni a Curzio Maltese sul quotidiano Repubblica  rilancia in avanti il dibattito che, all'interno del PD e della sinistra , non solo in Italia, affronta i problemi che scaturiscono dalla grave crisi del capitalismo e quindi dai presupposti di uno sviluppo senza limiti e senza fine, dall'esaurimento delle risorse del pianeta, dal surplus produttivo che contrasta con la povertà assoluta di due miliardi di esseri umani e con la morte per fame di milioni di bambini.
                   Non si possono eludere i temi fondamentali riguardanti il presente e il futuro dell'umanità e quindi anche nostro. Non si possono impostare politiche nazionali e locali eludendo l'analisi delle cause che hanno determinato i guasti incommensurabili della devastante finanziarizzazione dell'economia mondiale.
                   Non è quindi "ideologia" ma concretezza politica relazionarsi alle questioni fondamentali e quindi, anche in Italia, impostare una politica che affermi il primato della politica sul mercato. Abbiamo cioè il dovere di mettere al primo posto gli esseri umani e quindi di porre regole e limiti severi all'ingordigia liberista e alle teorie di coloro che ci hanno portato in tale disastro.
                   Quando Veltroni dichiara " Monti è un riformista, non lasciamolo alla destra. Basta tabù sull'articolo 18"  credo che provochi in, primo luogo, un sorriso dello stesso Monti che  sa benissimo che nessuno può regalarlo alla destra in quanto lui è la destra. Una destra onesta,diversa da quella che ha sgovernato per quasi un ventennio l'Italia, una destra liberale che crede nello stato, nella autonomia della magistratura, nella libertà di stampa e in tutti quei valori che caratterizzano la democrazia liberale, quegli stessi valori condivisi e di base che una parte della sinistra nel secolo scorso non esitava a bollare col termine di "democrazia formale" . Dopo il fallimento mondiale del comunismo che questi valori irrideva come sirene del dominio della borghesia,  è chiaro a tutti che non ci può essere giustizia sociale senza i diritti civili che non sono  "formali" ma rappresentano la sostanza della nostra civiltà.
                   Tuttavia limitarsi a sostenere esclusivamente  la forma democratica dello stato non è sufficiente, come dimostrano i guasti di oggi e come confermano, al contrario, più di sessanta anni di esperienza delle socialdemocrazie scandinave che hanno realizzato società lontane anni luce dalla nostra.
                   Perché i diritti scritti sulla carta costituzionale si traducano nella realtà in cose concrete è necessario promuovere politiche sociali che affrontino sia nel nostro paese che in un contesto europeo e mondiale i bisogni emergenti dei lavoratori, dei disoccupati, delle donne, dei giovani insomma di tutti coloro che in questi giorni non scorazzano sui suv a Cortina. E' necessario modificare le regole che reggono la società mondiale e subordinare il mercato e la finanza ai bisogni dell'uomo.
                   E allora, partendo proprio dai valori della nostra democrazia tanto martoriata, non è immaginabile, come pensa Veltroni ,che in altra occasione non ha esitato di osannare Marchionne, che la risposta sia nello smantellamento dei diritti dei lavoratori, così come si sono configurati in sessant'anni di lotte e di sacrifici .
                   Non possiamo accettare formule liberiste che, in nome della "flessibilità" e dell'aderenza alle leggi del libero mercato, riducano i nostri lavoratori agli stessi livelli dei poveri albanesi che si accontentano di lavorare per pochi euro al giorno. Non possiamo minimamente pensare che, di fronte elle enormi ricchezze che si accumulano nel pianeta, la risposta alla crisi sia quella di ridurre i diritti e gli stipendi dei nostri lavoratori portandoli allo stesso livello di quelli dei lavoratori cinesi.
                   Non possiamo pensare che un partito che ha  ereditato dalla storia la difesa dei diritti costituzionali connessi in maniera inscindibile a quelli dei lavoratori, auspichi, come fa Veltroni, una dicotomia col mondo del lavoro, rinnegando la CGIL e, con essa ,  lo stesso statuto dei lavoratori o parti importanti di esso. Se il PD non è più espressione di quei ceti sociali (una volta detti correttamente "classe") dei loro bisogni e della loro cultura,  quale cultura e quali ceti intende rappresentare? Quale modello di società intende proporre alla intera nazione?  
                   E' questo il nocciolo del dibattito che sta animando il PD. Da una parte l'interclassismo paternalistico  e "illuminato" di Veltroni che in nulla differisce dal pensiero liberale che anima lo stesso Monti,  dall'altra chi al liberismo economico e alla voracità della finanza e dei mercati si contrappone portando avanti e non abolendo l'umanesimo che nasce dalla cultura del lavoro.
                   Anche se stiamo tutti sulla stessa barca non dimentichiamoci che c'è chi rema e ha sempre remato e chi se la spassa nei saloni di prima classe. L'esigenza di un etica anticapitalistica della società che ponga al centro l'uomo, il lavoro, il benessere sociale e non il mercato è alla base di questo dibattito che anima il PD e la logica delle sue alleanze.
                   Monti sta svolgendo un buon lavoro, restituendo dignità ed efficienza allo stato, ripristinando le regole fondamentali della convivenza democratica, lottando contro la corruzione e le camarille, creando una nuova etica pubblica anche rispetto ai reati fiscali . Sta costruendo le premesse sulle quali gli uomini di buona volontà potranno lavorare per trovare uno sbocco alla attuale crisi.
                   Lo fa a modo suo da liberale e non tutto ciò che fa è condivisibile, tuttavia ne apprezziamo lo sforzo nel suo complesso.
              La crisi è una grande opportunità per individuare i mali che l'hanno generata, per questo  assistiamo da più parti alla nascita e alla evoluzione di un nuovo pensiero critico  che vede, sia pure con posizioni molto differenziate, dalla stessa parte i  più attenti esponenti della socialdemocrazia tedesca, fortemente critici nei confronti della politica di Merkel, il candidato della sinistra francese Hollande, molti sociologi  ed economisti tra cui il nostro Luciano Gallino e la nuova scuola della  Modern Monetary Theory, come scrive Rampini da New York, " ... che ha l´ambizione di essere la vera erede del pensiero di Keynes, adattato alle sfide del XXI secolo. Che ha la certezza di poter trainare l´Occidente fuori da questa crisi. A patto che i governi si liberino di ideologie vetuste, inadeguate e distruttive. È una rivoluzione copernicana, il cui alfiere porta un cognome celebre: James K.Galbraith, docente di Public Policy all´università del Texas e consigliere "eretico" di Barack Obama."

"Il nuovo Verbo che sconvolge i dogmi degli economisti, assegna un ruolo benefico al deficit e al debito pubblico. È un attacco frontale all´ortodossia vigente. Sfida l´ideologia imperante in Europa, che i "rivoluzionari" della Modern Monetary Theory (o Mmt) considerano alla stregua di un vero oscurantismo. Quel che accade in questi giorni a Roma e Atene, l´austerity imposta dalla Germania, per i teorici della Mmt non è soltanto sbagliata nei tempi (è pro-ciclica perché taglia potere d´acquisto nel bel mezzo di una recessione), ma è concettualmente assurda. "

Consiglio di leggere l'intero articolo di Rampini pubblicato su Repubblica del 21 Febbraio.

        C'è una nuova sinistra  che si interroga in maniera non ideologica e non dogmatica sulle nuove strategie che si debbono mettere in atto non solo per uscire dalla attuale crisi ma per dare una risposta organica e complessiva alle ineludibili problematiche aperte drammaticamente da essa e dal sistema che l'ha generata.
       Da questa nuova frontiera si parte riaffermando e spostando in avanti i diritti che sono il portato storico sociale e le fondamenta della nostra civiltà e difendendoli dove oggi vengono attaccati.
       La linea di demarcazione dello scontro passa anche attraverso la difesa dell'articolo 18 della statuto dei lavoratori.
Su questo Veltroni si è fatto pateticamente scavalcare a sinistra anche da Bonanni, il ché è tutto dire.

       Ci auguriamo che la sinistra italiana non si faccia sfuggire la grande occasione di rilancio di una politica che le ridia spazio e ruolo. In questo quadro va visto positivamente, anche all'interno del PD, il risultato delle primarie a Genova.
     Non bisogna "correre ai ripari", come chiede ottusamente qualcuno all'interno del partito, ma far tesoro di questa nova forma partecipativa della società civile.

      E' in atto un grande processo di riappropriazione della politica da parte dei cittadini, l'avevamo atteso, insieme a Nanni Moretti da tempo, adesso il momento è arrivato.
     A questo punto una scelta nel partito è ineludibile: non operarla significherebbe non aderire alla esigenza di chiarezza che  i tempi e i fatti esigono dalla più importante formazione politica della sinistra italiana. E' indispensabile uscire dal limbo della non scelta e scendere nelle strade, in mezzo ai cittadini.
    E' necessario pagare il prezzo del biglietto per salire sul treno di un movimento internazionale che rialza la testa e ridefinisce le basi ideali e le strategie per un nuovo progetto di umanità: perdere questo treno potrebbe significare restare per sempre a terra.
  Non sempre le scelte auspicate si realizzano, e non sempre la storia va nella direzione da noi sperata.

Giovanni Fazio

  





Nessun commento:

Posta un commento