L'intervista rilasciata domenica scorsa da Walter
Veltroni a Curzio Maltese sul quotidiano Repubblica rilancia in avanti il dibattito che,
all'interno del PD e della sinistra , non solo in Italia, affronta i problemi
che scaturiscono dalla grave crisi del capitalismo e quindi dai presupposti di
uno sviluppo senza limiti e senza fine, dall'esaurimento delle risorse del
pianeta, dal surplus produttivo che contrasta con la povertà assoluta di due
miliardi di esseri umani e con la morte per fame di milioni di bambini.
Non si possono eludere i temi fondamentali
riguardanti il presente e il futuro dell'umanità e quindi anche nostro. Non si
possono impostare politiche nazionali e locali eludendo l'analisi delle cause
che hanno determinato i guasti incommensurabili della devastante
finanziarizzazione dell'economia mondiale.
Non è quindi "ideologia" ma concretezza
politica relazionarsi alle questioni fondamentali e quindi, anche in Italia,
impostare una politica che affermi il primato della politica sul mercato.
Abbiamo cioè il dovere di mettere al primo posto gli esseri umani e quindi di
porre regole e limiti severi all'ingordigia liberista e alle teorie di coloro
che ci hanno portato in tale disastro.
Quando Veltroni dichiara " Monti è un
riformista, non lasciamolo alla destra. Basta tabù sull'articolo 18" credo che provochi in, primo luogo, un
sorriso dello stesso Monti che sa
benissimo che nessuno può regalarlo alla destra in quanto lui è la destra. Una
destra onesta,diversa da quella che ha sgovernato per quasi un ventennio
l'Italia, una destra liberale che crede nello stato, nella autonomia della
magistratura, nella libertà di stampa e in tutti quei valori che caratterizzano
la democrazia liberale, quegli stessi valori condivisi e di base che una parte
della sinistra nel secolo scorso non esitava a bollare col termine di
"democrazia formale" . Dopo il fallimento mondiale del comunismo che
questi valori irrideva come sirene del dominio della borghesia, è chiaro a tutti che non ci può essere giustizia sociale senza i diritti civili che non
sono "formali" ma
rappresentano la sostanza della nostra civiltà.
Tuttavia limitarsi a sostenere esclusivamente la forma democratica dello stato non è
sufficiente, come dimostrano i guasti di oggi e come confermano, al contrario,
più di sessanta anni di esperienza delle socialdemocrazie scandinave che hanno
realizzato società lontane anni luce dalla nostra.
Perché i diritti scritti sulla carta
costituzionale si traducano nella realtà in cose concrete è necessario
promuovere politiche sociali che affrontino sia nel nostro paese che in un
contesto europeo e mondiale i bisogni emergenti dei lavoratori, dei
disoccupati, delle donne, dei giovani insomma di tutti coloro che in questi
giorni non scorazzano sui suv a Cortina. E' necessario modificare le regole che
reggono la società mondiale e subordinare il mercato e la finanza ai bisogni
dell'uomo.
E allora, partendo proprio dai valori della nostra
democrazia tanto martoriata, non è immaginabile, come pensa Veltroni ,che in
altra occasione non ha esitato di osannare Marchionne, che la risposta sia
nello smantellamento dei diritti dei lavoratori, così come si sono configurati
in sessant'anni di lotte e di sacrifici .
Non possiamo accettare formule liberiste che, in
nome della "flessibilità" e dell'aderenza alle leggi del libero
mercato, riducano i nostri lavoratori agli stessi livelli dei poveri albanesi
che si accontentano di lavorare per pochi euro al giorno. Non possiamo
minimamente pensare che, di fronte elle enormi ricchezze che si accumulano nel
pianeta, la risposta alla crisi sia quella di ridurre i diritti e gli stipendi
dei nostri lavoratori portandoli allo stesso livello di quelli dei lavoratori
cinesi.
Non possiamo pensare che un partito che ha ereditato dalla storia la difesa dei diritti
costituzionali connessi in maniera inscindibile a quelli dei lavoratori,
auspichi, come fa Veltroni, una dicotomia col mondo del lavoro, rinnegando la
CGIL e, con essa , lo stesso statuto dei
lavoratori o parti importanti di esso. Se il PD non è più espressione di quei
ceti sociali (una volta detti correttamente "classe") dei loro
bisogni e della loro cultura, quale
cultura e quali ceti intende rappresentare? Quale modello di società intende
proporre alla intera nazione?
E' questo il
nocciolo del dibattito che sta animando il PD. Da una parte l'interclassismo
paternalistico e "illuminato"
di Veltroni che in nulla differisce dal pensiero liberale che anima lo stesso
Monti, dall'altra chi al liberismo economico
e alla voracità della finanza e dei mercati si contrappone portando avanti e
non abolendo l'umanesimo che nasce dalla cultura del lavoro.
Anche se stiamo tutti sulla stessa barca non
dimentichiamoci che c'è chi rema e ha sempre remato e chi se la spassa nei
saloni di prima classe. L'esigenza di un etica anticapitalistica della società che
ponga al centro l'uomo, il lavoro, il benessere sociale e non il mercato è alla
base di questo dibattito che anima il PD e la logica delle sue alleanze.
Monti sta svolgendo un buon lavoro, restituendo
dignità ed efficienza allo stato, ripristinando le regole fondamentali della
convivenza democratica, lottando contro la corruzione e le camarille, creando
una nuova etica pubblica anche rispetto ai reati fiscali . Sta costruendo le
premesse sulle quali gli uomini di buona volontà potranno lavorare per trovare
uno sbocco alla attuale crisi.
Lo fa a modo suo da liberale e non tutto ciò che fa è condivisibile,
tuttavia ne apprezziamo lo sforzo nel suo complesso.
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La crisi è una grande opportunità
per individuare i mali che l'hanno generata, per questo assistiamo da più parti alla nascita e alla
evoluzione di un nuovo pensiero critico che vede, sia pure con posizioni molto
differenziate, dalla stessa parte i
più attenti esponenti della socialdemocrazia tedesca, fortemente
critici nei confronti della politica di Merkel, il candidato della sinistra
francese Hollande, molti sociologi ed
economisti tra cui il nostro Luciano
Gallino e la nuova scuola della Modern
Monetary Theory, come scrive Rampini da New York, " ... che ha
l´ambizione di essere la vera erede del pensiero di Keynes, adattato alle
sfide del XXI secolo. Che ha la certezza di poter trainare l´Occidente fuori
da questa crisi. A patto che i governi si liberino di ideologie vetuste,
inadeguate e distruttive. È una rivoluzione copernicana, il cui alfiere porta
un cognome celebre: James K.Galbraith,
docente di Public Policy all´università del Texas e consigliere
"eretico" di Barack Obama."
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"Il nuovo Verbo che sconvolge i dogmi degli economisti, assegna un ruolo benefico al deficit e al debito pubblico. È un attacco frontale all´ortodossia vigente. Sfida l´ideologia imperante in Europa, che i "rivoluzionari" della Modern Monetary Theory (o Mmt) considerano alla stregua di un vero oscurantismo. Quel che accade in questi giorni a Roma e Atene, l´austerity imposta dalla Germania, per i teorici della Mmt non è soltanto sbagliata nei tempi (è pro-ciclica perché taglia potere d´acquisto nel bel mezzo di una recessione), ma è concettualmente assurda. "
Consiglio di leggere l'intero articolo di Rampini pubblicato su
Repubblica del 21 Febbraio.
C'è una nuova sinistra che si interroga in maniera non ideologica e
non dogmatica sulle nuove strategie che si debbono mettere in atto non solo
per uscire dalla attuale crisi ma per dare una risposta organica e
complessiva alle ineludibili problematiche aperte drammaticamente da essa e
dal sistema che l'ha generata.
Da questa nuova frontiera si
parte riaffermando e spostando in avanti i diritti che sono il portato storico
sociale e le fondamenta della nostra civiltà e difendendoli dove oggi vengono
attaccati.
La linea di demarcazione
dello scontro passa anche attraverso la difesa dell'articolo 18 della statuto
dei lavoratori.
Su questo Veltroni si è fatto pateticamente scavalcare a sinistra anche
da Bonanni, il ché è tutto dire.
Ci auguriamo che la sinistra
italiana non si faccia sfuggire la grande occasione di rilancio di una
politica che le ridia spazio e ruolo. In questo quadro va visto
positivamente, anche all'interno del PD, il risultato delle primarie a
Genova.
Non bisogna "correre ai ripari",
come chiede ottusamente qualcuno all'interno del partito, ma far tesoro di
questa nova forma partecipativa della società civile.
E' in atto un grande processo di
riappropriazione della politica da parte dei cittadini, l'avevamo atteso,
insieme a Nanni Moretti da tempo, adesso il momento è arrivato.
A questo punto una scelta nel
partito è ineludibile: non operarla significherebbe non aderire alla esigenza
di chiarezza che i tempi e i fatti esigono
dalla più importante formazione politica della sinistra italiana. E'
indispensabile uscire dal limbo della non scelta e scendere nelle strade, in
mezzo ai cittadini.
E' necessario pagare il prezzo del biglietto
per salire sul treno di un movimento internazionale che rialza la testa e
ridefinisce le basi ideali e le strategie per un nuovo progetto di umanità: perdere
questo treno potrebbe significare restare per sempre a terra.
Non sempre le scelte auspicate si
realizzano, e non sempre la storia va nella direzione da noi sperata.
Giovanni Fazio
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