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venerdì 15 giugno 2012

GRECIA: INVERTIAMO LA ROTTA!


Il nodo di A.L.B.A. di Milano ha organizzato un presidio di solidarietà a SYRIZA sabato 16 giugno, ore 18, Largo Cairoli, Milano.
"Non c'è più tempo, un'altra Europa subito!"
Non c’è più Tempo!

Il 17 giugno in Grecia si vota per la seconda volta nell’arco di due mesi, dopo che il 6 giugno i partiti vincitori delle elezioni non sono riusciti a formare un governo.
La situazione attuale in Grecia è senza precedenti dalla fine dell'occupazione tedesca nel 1944: disoccupazione giovanile al 50%, imprese, commercio, case editrici in fallimento, migliaia di mendicanti e senza tetto nelle strade, tagli a ripetizione su salari e pensioni, madri che affidano per disperazione i figli a istituti religiosi purché possano mangiare, privatizzazioni in serie, distruzione dei servizi sociali, suicidi che si moltiplicano. Questo è il risultato del Memorandum imposto dalla Troika (FMI, BCE, Commissione europea) che spinge con le proprie politiche di austerità neoliberiste un popolo al suicidio. Al contrario, gli armatori, le banche e la Chiesa non sono tassati e il gigantesco bilancio del Ministero della Difesa non subisce benché minime riduzioni.
Queste politiche sono state imposte dalle autorità monetarie europee sostenendo che era l'unica strada percorribile per sottrarsi alla stretta di un debito pubblico di cui hanno per anni beneficiato le banche e le industrie delle economie più forti come Francia e Germania e che hanno ottenuto l'effetto opposto a quello promesso. Per impedire al popolo greco di opporsi a queste politiche gli è stato impedito, con l'assenso dei precedenti governi, di pronunciarsi sul Memorandum della Troika con un referendum e oggi si cerca di condizionare, con il ricatto, l'esito delle elezioni.
È la stessa politica, con un anno di anticipo, che la BCE, la Commissione europea e il governo Monti stanno imponendo all'Italia, con esiti che vanno nella stessa direzione: ogni giorno ci viene detto che il nostro paese "è stato messo in sicurezza" per poi scoprire il giorno dopo che bisogna ricominciare da capo a spremere i cittadini e i lavoratori a beneficio delle banche e della finanza che specula sui debiti pubblici degli Stati. Dopo la Grecia, il Portogallo, la Spagna, L'Italia.
La difesa dell'occupazione, del reddito, della dignità del lavoro, ma anche dell'economia e delle imprese oggi costrette a chiudere una dopo l'altra dalla politica economica del governo passa attraverso il rigetto delle imposizioni della BCE, del FMI e della Commissione europea. L'Europa che vogliamo è una società dei diritti, di una vera democrazia dove i cittadini possano decidere e costruire il loro futuro, della dignità del lavoro, di un'occupazione e un reddito per tutti. Per questo le elezioni in Grecia, dove sono in gioco la conferma o il rigetto del Memorandum e delle politiche liberiste della BCE, possono essere un punto di svolta per tutto il continente, e a maggior ragione per il nostro paese.
Noi di A.L.B.A. (Alleanza, lavoro, beni comuni e ambiente) del nodo di Milano, facciamo un appello a tutte le forze politiche italiane, ai partiti, alla società civile, ai giornali e ai sindacati, ai vecchi ed ai giovani, a operai e studenti, a precari e disoccupati affinché sostengano, sia in queste elezioni che soprattutto dopo, quando si tratterà di formare un nuovo governo, le organizzazioni politiche che in Grecia esigono una rinegoziazione del Memorandum e con esso di tutta la politica di "austerità" e miseria imposta ai lavoratori e al popolo, a difesa dei privilegi, della ricchezza e del potere delle banche e dell'alta finanza. La principale di queste organizzazioni è oggi SYRIZA, la coalizione della sinistra radicale greca guidata da Alexsis Tzipras.
La Coalizione della sinistra, Syriza, non nasce ora. Esiste da ben otto anni e al suo interno coabitano benissimo varie sensibilità della sinistra. La loro convinzione è di voler rimanere nell'Unione Europea, riformandola dal basso, con nuove regole che esprimano il volere dei suoi cittadini, partendo dalle loro esigenze, dalla loro volontà di appropriarsi dell’identità europea, identità fondata sui comuni valori di libertà e solidarietà e su uno stato sociale conquistato nei decenni con dure lotte, rifiutando la dittatura del dio mercato neoliberista e dei suoi burocrati. Queste convinzioni sono anche le nostre. Unendo le forze si apre la strada alla loro affermazione.
Alle fonti della filosofia e della cultura greca ci siamo abbeverati tutti, a quelle stesse fonti vogliamo tornare per costruire un'altra Europa.
Le elezioni del 17 giugno sono un punto di svolta per la Grecia e per l’Europa tutta.

16 GIUGNO ore 18
LARGO CAIROLI - MILANO
Con le bandiere di Syriza a ballare sirtaki 

mercoledì 13 giugno 2012

RISPOSTA A FEDERICO GINATO


Caro Ginato,
leggo in data odierna la tua risposta alle e mail degli iscritti sugli interrogativi aperti dopo le recenti elezioni amministrative.
Mi sembra che la tua risposta si sia fermata ai prerequisiti indispensabili alla vita politica senza minimamente affrontare le questioni di fondo per cui si aderisce ad un partito oppure lo si vota, cioè la linea politica, l'insieme di valori cui si ispira, i ceti sociali ( una volta si chiamavano "classi )che ispirano la sua visione generale, che, come tutti sanno, non piove dall'alto per ispirazione divina ma è il frutto dell'esperienza quotidiana degli uomini e un portato della storia.    
            Questo non vuol dire che i pre requisiti che hai esposto non siano importanti: la degenerazione della rappresentanza politica, partiti e parlamento, è tale e continua ad essere tale, da pretendere giustamente una palingenesi totale, un azzeramento e una ripartenza, che consenta di uscire dal vortice mafioso in cui tutti i partiti sono avvitati.
            Le camere sono piene di inquisiti e condannati che continuano a esercitare le funzioni istituzionali e i loro affari, forti delle immunità conferite loro da un parlamento corrotto che le vota a voto segreto. La recente kermesse messa in scena sul decreto anticorruzione testimonia della totale insensibilità del parlamento per i sentimenti degli italiani. Si mercanteggiano commi e codicilli per ottenere riduzione di tempi di prescrizione e nuove garanzie per i criminali incalliti che siedono in parlamento.  I peggiori ceffi della politica, anche al'interno del PD ( il caso Penati è il più eclatante ma ovviamente non il solo) continuano a ricevere salvacondotti e protezioni più o meno palesi, magari nascoste dentro i codicilli del nuovo decreto anticorruzione.
             Ma questo Penati, plenipotenziario inviato da Bersani, che conoscemmo molto bene quando venne da noi a imporre un segretario regionale , senza tenere conto di quello che pensavano gli iscritti, non era forse conosciuto allora dalla segreteria nazionale? E che cosa ci dobbiamo aspettare dal vertice di un partito che conosce così male gli uomini cui affida incarichi tanto importanti e delicati? Nessuno sente il bisogno di fare ammenda? Ma veramente pensate che gli iscritti siano tanto idioti da pensare che gli idioti siate voi? In politica l'idiozia non esiste, o comunque non è ammessa. Esiste la complicità . Pensateci prima di fare le prediche e considerazioni scontate che non possono che irritare i cittadini che assistono sgomenti all'inverecondo spettacolo.
             Forse qualcuno non ricorda che il grande Willy Brandt diede le dimissioni da capo del governo tedesco quando si appurò che uno dei consiglieri del suo staff era in realtà una spia della Germania Est. Certamente Brandt non poteva saperlo ma le dimissioni furono immediate poiché l'ignoranza in un primo ministro, nei paesi seri, non è tollerata.
            Ciò detto sulle giuste richieste , diciamo banali, visto che mi sembrano ovvie, sebbene tardive, credo che gli iscritti e gli elettori , che stanno vivendo nel tornado della crisi, vorrebbero sapere qual cosina in più in merito al futuro che li aspetta e alle iniziative che il partito si appresta a prendere per invertire la rotta di un disastro epocale.
             In primo luogo, vorrebbero sapere se sono iscritti ad un partito che fa riferimento, dal punto di vista della visione della vita (una volta si chiamava weltanschauung o più semplicemente ideologia) e da quello degli interessi economici, ai ceti deboli, ai lavoratori,( in particolare ai lavoratori dipendenti), ai disoccupati, agli studenti, elle donne, ecc. oppure se si tratta di un partito interclassista dove vige la regola del "ma anche" instaurata dall'estroso Veltroni che dopo avere affermato di non essere mai stato comunista ( ma allora perché era iscritto al PCI?) ci ha regalato un Calearo di cui non solo ci vergogniamo noi , ma anche l'ambiente da cui proviene.
            I cittadini e gli iscritti hanno il diritto di sapere se il nostro è un partito di sinistra che si ascrive all'interno della sinistra europea e internazionale  oppure no. Mi sembra un atto di decenza dire con chiarezza,nei confronti di coloro cui si chiede l'iscrizione o il voto, chi siamo ( a patto che lo si sappia) . 
Se invece il partito vaga in preda ad una totale anomia, senza sapere niente di se stesso, delle classi di riferimento , delle politiche di riferimento nazionali e internazionali, del filone culturale in cui la storia lo avrebbe collocato, allora è bene che lo dica chiaramente, in modo che la gente possa evitare di votarlo o possa evitare di iscriversi, facendo opera di chiarezza democratica nel paese.
            Qualche autorevole esponente del PD  ha esaltato la lungimirante politica di Marchionne e qualcuno ha avuto serie difficoltà ad andare al corteo della FIOMM.
             Questo lo sappiamo dai giornali, visto che nessuno ci ha spiegato se, per il partito, Marchionne vada bene o male o se la FIOMM e la CGIL vadano bene o male.
             E' solo un esempio del caos sul quale galleggia la segreteria Bersani senza sapere se tenere nella cornice ancora la famosa foto di Vasto o gettarla via.
In sostanza anche lui non sembra sapere se il riferimento del nostro variegato partito siano la lotta alla globalizzazione e cioè Naomi Chomsky, la decrescita di Latouche, la democrazia dell'idrogeno di Jeremy Rifkin, il finanzcapitalismo di Luciano Gallino, le tesi di Paul Krugman  oppure i nefasti Chicago boys che ci hanno regalato, paro paro, l'attuale sconvolgimento mondiale.
            Il Pd deve dirci non tanto che si vuole restare in Europa, bensì in quale Europa si vuole restare. Stiamo assistendo a fenomeni che un tempo avremmo potuto concepire solo all'interno di un romanzo di fantascienza : la fortunata serie dei romanzi di Urania, per chi se la ricorda.
Intere nazioni come la Grecia e la Spagna cedono la loro sovranità, non tanto all'Europa, si badi bene, ma al consiglio di amministrazione di una banca. Stiamo scivolando, giorno dopo giorno, dentro un autoritarismo finanziario per cui potrebbe capitare che anche da noi a decidere le politiche sociali e tutto il resto non sia più il governo italiano e il parlamento ma l'amministratore delegato di una banca ( o forse siamo già a quel punto e non ce ne siamo ancora accorti).
            Stiamo qui devoti fedeli di da agenzie di rating di cui aspettiamo con ansia i responsi, tanto brave da non avere previsto i guai che esse stesse e i loro accoliti stavano creando al pianeta con le emissioni di titoli tossici come i cosiddetti derivati che hanno inquinato l'economia mondiale.
            Siamo arrivati al punto che non viene più incentivato il risparmio e che viene lesinato il credito ai produttori. Nessun cittadino può pensare al proprio futuro con serenità, sapendo in che mani siano i suoi risparmi per la malattia e la vecchiaia,se ne ha ancora.
 Nessun industriale avrà cuore di affrontare nuove imprese pensando al rischio cui lo sottopone il capitale finanziario.
            C'è un reverenziale timore di gridare che il re è nudo e che non sono le leggi dello stato a dovere essere condizionate dalla follia e dalla rapacità dei mercati ma viceversa, è la follia anarcoide e la rapacità dei mercati che va arginata con leggi severe.
             Pertanto bisogna sciogliere il nodo, definire senza ambiguità quale Europa vogliamo, come ci poniamo nei confronti della ideologia liberista che ha precipitato il pianeta nel baratro.
 Dobbiamo sapere se l'alternativa che porrà fra qualche mese il PD sarà quella di rifiutare un piano di "risanamento" che, come ipotizza immoralmente la ministra Fornero, marcia sulle carcasse di centinaia di migliaia di cosiddetti esodati, che penalizza l'occupazione,che deprime l'economia del paese e ci asservisce alle banche e alla speculazione dei mercati internazionali.
 E' bene che chi di dovere si svegli e risponda  a chi ci ha gettato nel baratro e del baratro ha fatto l'alibi del suo governo, che a suo tempo Franklin Delano Roosevelt fronteggiò efficacemente una crisi molto simile a questa con misure diametralmente opposte a quelle chevengono attuate e imposte ai cittadini da chi governa l'Italia e la Germania.
            Allora, per concludere questo breve excursus che è più uno sfogo che una riflessione politica, caro Reginato, è venuto il momento di sciogliere i nodi, che sono, ovviamente quelli di cacciare a calci nel sedere tutti i disonesti che albergano in parlamento e nel partito, restituire la politica ai cittadini e chiedere loro scusa, ma anche stabilire se il PD è un partito liberale o un partito socialista, senza nessun riferimento a Craxi, ovviamente ma con un chiaro riferimento ai tizi di cui sopra e alle classi e le persone di cui sopra.
            E' compito del partito sciogliere, con estrema urgenza,il nodo delle ambiguità che lo porteranno inevitabilmente alla rovina . Avere un punto di riferimento politico forte è una garanzia per il futuro nostro e dei nostri figli tuttavia possiamo più baloccarci con formule vuote: o si sta da una parte o dall'altra, ma che sia chiaro!



Giovanni (Titta ) Fazio

martedì 12 giugno 2012

FEDERICO GINATO SCRIVE AI DEMOCRATICI



Cari democratici,
essendomi giunte moltissime mail di commento alla mia riflessione sulle ultime elezioni amministrative, e non potendo rispondere a tutti (vi assicuro che ci ho provato), ho pensato di inviarvi una risposta “collettiva” che spero possa specificare ulteriormente il mio pensiero.
Ritengo sia inutile nascondersi che oggi il sistema politico italiano, fondato sugli attuali partiti, sconti un grave deficit di legittimazione presso l’opinione pubblica e quindi verso l’elettorato. La forte astensione e il successo del Movimento 5 Stelle ne sono le spie più evidenti.
La domanda che credo dovremmo porci tutti è la seguente: i partiti hanno ancora ragione di esistere? Sono ancora uno strumento privilegiato per organizzare e alimentare il necessario dialogo tra l’elettorato e le istituzioni? Personalmente penso di sì. Ritengo che i partiti possono e devono essere lo strumento per facilitare la comprensione tra i vari attori del sistema democratico ma, allo stesso tempo, sono convinto che se i partiti italiani non procedono in tempi rapidi ad un’autoriforma radicale dei loro comportamenti e delle loro modalità organizzative, sono destinati a lasciare il campo come minimo ad altri partiti. A partiti diversi, organizzati differentemente, portatori di un pensiero più “orizzontale”, più inclusivo e partecipativo, meno chiuso e gerarchico. Oppure, al contrario, lasceranno il campo ad un rapporto più diretto tra eletti ed elettori che non preveda ulteriori mediazioni/discussioni (la democrazia mediatica di Berlusconi è un buon esempio e ha lasciato un ricordo vivido in tutti noi). Queste considerazioni sono ormai quasi scontate, il problema è che abbiamo il timore di parlarne ad alta voce… perché ciò significa arrivare alla domanda: se è così, cosa dobbiamo fare? In che direzione deve andare il PD? Io provo ad abbozzare una risposta che non può essere esauriente ma che tenta almeno di indicare alcune soluzioni.
Vi sembrerà forse l’uovo di colombo, ma penso che si debba ritornare molto semplicemente ai fondamenti dell’agire politico, ritornare a concepire la politica come servizio civico per la propria comunità, locale o nazionale che sia. Tornare ad intenderla come un onore per chi la fa e non come un privilegio per far carriera e magari infine garantirsi la pensione. Se è così e penso che siamo in tanti a pensarla così, cosa si dovrebbe fare per essere coerenti con questa concezione della politica?
Ad esempio, dovremmo forse garantire:
Un partito aperto agli apporti di tutti, anche di chi non è tesserato o elettore ma intenda lavorare per il bene e i beni di tutti
-Regole rigide contro il conflitto di interessi e chi si macchia di reati
Uno stipendio equo per i propri rappresentanti politici
 Un partito che renda conto dei soldi che riceve e ne faccia un buon uso
La libertà degli elettori di poter scegliere i propri rappresentanti nelle istituzioni
Un adeguato rinnovamento nell’ambito di tali rappresentanti

Sono cose da bacchettoni? Non lo so, ma so che il PD ha spesso scelto le primarie come metodo per selezionare i suoi candidati, che ha uno statuto che, tra le altre cose, prevede il limite dei tre mandati e un codice etico che definisce quali dovrebbero essere i comportamenti dei suoi aderenti. Basta applicare e migliorare tutto ciò, senza deroghe, senza troppi se e ma che affievoliscono lo spirito originario che ha portato alla nostra nascita. Alcune cose sono stata fatte e le abbiamo fatte meglio di altri partiti, non si tratta di rottamare nessuno ne atteggiarsi a novelli Savonarola ma in una crisi economica così forte sarebbe un grave errore non capire quanto sia necessario dare il buon esempio e ritrovare un’adeguata legittimazione presso gli elettori.
Comprendo benissimo quanto sia difficile per molti dei nostri leader fare una scelta coerente con queste impostazioni ma devono/dobbiamo comprendere che non c’è più tempo, per loro e anche per il PD.
Siamo coscienti che non è solo un problema di comportamenti ma anche di idee, di contenuti e proposte ma delle molte e buone che il PD ha non si riesce nemmeno a parlare se non c’è prima un ritorno ad una forte e radicale coerenza tra valori professati e comportamenti tenuti. Pensate che la Lega si è inventata i dipartimenti (lavoro, sanità, ecc) solo ora mentre noi li abbiamo da anni anche a livello provinciale. E i grillini hanno spesso programmi fotocopia, uguali per ogni comune, mentre noi dedichiamo tempo ed energie per sviluppare analisi e proposte sulle singole questioni locali.
Di queste cose e di molto altro sto discutendo nel PD vicentino (a metà giugno incontrerò i dirigenti per approfondire questa analisi e a fine mese verrà organizzata un’assemblea provinciale) per poi porre la questione a livello veneto e nazionale.
Vi ringrazio ancora per i vostri contributi che sono sempre graditi.
A presto

Federico Ginato
Mail: federicoginato@yahoo.it

lunedì 4 giugno 2012

ARZIGNANO: UNA PROPOSTA SOLIDALE DAI CONSIGLIERI DI OPPOSIZIONE


Egregio Signor
Sindaco città di
Arzignano

Egregio Signor
Presidente Confindustria
Mandamento Arzignano e Montecchio M.

Egregio Signor
Presidente Associazione Artigiani
Mandamento Arzignano e Montecchio M.


e p.c. Signori SINDACI VALLE DEL CHIAMPO



Arzignano, 4 giugno 2012

Una città dell'importanza imprenditoriale come Arzignano non può rimanere insensibile di fronte alla devastante distruzione del tessuto industriale di una zona operosa e centrale come il territorio Emiliano, colpito dal recente terremoto.

Lasciamo ad altri la retorica della solidarietà, le promesse e le buone intenzioni e tiriamo fuori, invece, il migliore carattere di Arzignano.

Vogliamo fare, vogliamo dare.

Ecco la proposta affinché, nelle more della ricostruzione, le aziende dell’Emilia non vedano estinguersi la loro presenza sui mercati: Arzignano e la Valle del Chiampo offrano, in comodato gratuito per un anno, spazi e capannoni industriali attualmente non utilizzati (e ce ne sono parecchi!) a quelle aziende che hanno l'urgenza di continuare a produrre o di avere a disposizione un magazzino.

In questo modo nessun operaio sarebbe costretto ad operare in ambiente insicuro e si darebbe una bella dimostrazione di solidarietà vera, concreta, immediata tra poli industriali così necessari per la vita economica del nostro paese, in un periodo, peraltro, di particolare difficoltà economico-finanziaria sia a livello nazionale che internazionale.

Ci sembra ovvio che l'onere e l'onore della proposta e del coordinamento di questa ed eventuali altre iniziative di solidarietà, spetti al Sindaco di Arzignano che potrà coagulare attorno a sé i colleghi dell'Ovest Vicentino e portare eventualmente anche nelle appropriate sedi vicentine questa idea.

I Consiglieri Comunali


stefano frighetto
antonio de sanctis
stefano fracasso
gianfranco signorin
lorella peretti
michele colasanto
edoardo modini
stefano anzolin








domenica 3 giugno 2012

GENTILIN SCACCIA DALL'EDEN POZZER E RONCOLATO


"Aver cacciato dalla mia maggioranza questa tipologia di persone, per me è UN ONORE che qualifica ulteriormente la qualità della mia squadra."

 Così si esprime inopinatamente il sindaco Gentilin di Arzignano, commentando l'abbandono della maggioranza da parte di due consiglieri della Lega Nord, Romina Pozzer e Giorgio Roncolato.
In realtà il sindaco Gentilin non ha cacciato proprio nessuno. I due consiglieri hanno spontaneamente abbandonato una maggioranza di cui non condividono più nè la composizione nè l'indirizzo politico. Se ne vanno sbattendo la porta, in pieno Consiglio Comunale, lasciando il sindaco di sasso.
            Un duro colpo per una maggioranza che vede sbriciolarsi, giorno dopo giorno, la propria consistenza, falcidiata dalle  dimissioni dell'ex presidente del consiglio e dell'ex vice sindaco per motivi giudiziari connessi a questioni di evasione fiscale e fatturazioni fasulle, indebolita ,dalle dimissioni del consigliere del PDL  Olivieri per la mancata condivisione delle scelte operative,e adesso dalla fuoriuscita dei due consiglieri leghisti.
Anziché riflettere sull'operato della sua amministrazione, sul malcontento dei cittadini e dei commercianti per il non dimenticato "caso Tosano", sulla leggerezza con cui si approva, senza consultare la cittadinanza,  la chiusura dell'ospedale di Arzignano o la costruzione di un inceneritore (chiamato gassificatore) per bruciare i fanghi delle concerie (ricchi di cromo), lo sperpero di fondi pubblici nella realizzazione di piscine coperte e scoperte ,centri benessere , ristorante, (tutto con i nostri soldi),si esibisce in performance bibliche, cacciando dal giardino terrestre i due consiglieri peccatori e mettendo a guardia dei cancelli dell'Eden l'arcangelo Marcigaglia con la spada fiammeggiante. 



Giovanni Fazio

venerdì 24 febbraio 2012

ATTACCO DA DESTRA



" Il modello sociale europeo è già morto" : è questa la dichiarazione rilasciata dal governatore della BCE in una lunga intervista  al Wall Street Journal.
Frutto di un secolo e mezzo di conquiste sociali, il nostro Welfare, espressione di una cultura occidentale che , riteniamo , su questo piano, sia la più avanzata del mondo, dovrebbe essere liquidata dall'ingordigia delle banche e dei mercati, in nome di nuove regole snelle e flessibili dettate da loro.
Quando parliamo del "modello sociale europeo", come lo definisce Draghi, parliamo dell'identità della nostra civiltà occidentale, presente anche nei principi espressi dalla nostra costituzione, del valore del lavoro in una società che affonda le sue radici nell'umanesimo del pensiero illuminista.
Chi ha provocato la crisi ora pretende di addossarne le cause a chi l'ha dovuta subire sul proprio corpo:
"Superior stabat lupus, longeque inferior agnus..."
             Gli intervistatori del Wall Street Journal oppongono a Draghi la critica più frequente che viene mossa negli Usa (sia dall´Amministrazione Obama che dai media, o anche dal Fmi), cioè l´effetto pro-ciclico dell´austerity imposta ai paesi europei.
            Draghi ribatte a sua volta con una domanda retorica: «C´è un´alternativa al risanamento dei bilanci pubblici?» E si dà questa risposta: «I rapporti tra debito pubblico e Pil erano eccessivi, quindi non c´è alternativa al consolidamento fiscale, anche se non si può negare che nel breve termine questo abbia l´effetto di frenare la crescita».
            Il governatore della BCE  affronta indirettamente le critiche rivolte dagli americani ad Angela Merkel, accusata di imporre la recessione al resto d´Europa. Pur senza citare la Germania da sola, né la sua cancelliera, il banchiere centrale descrive un´eurozona dove ci sono «paesi ad alto debito e bassa crescita, e paesi con pochi debiti e forte crescita». E quindi osserva: «Non possiamo stare in un sistema dove tu spendi quanto vuoi, e poi chiedi agli altri di emettere bond tutti insieme. Non si può stare in un sistema dove tu spendi e io pago. Prima di spostarci verso una unione fiscale dobbiamo avere un sistema in cui ogni paese sa reggersi da solo.
E' opinabile che Grecia e Germania, per fare un esempio abbiano lo stesso peso e la stessa responsabilità. I vasi di coccio si rompono quando si scontrano con quelli di ferro e, nella comune economia dell'Europa, è troppo facile per il gigante fare le pulci al topolino.
E' questo modello di Europa che noi rigettiamo. Una Europa così, alla lunga, non potrà  che suscitare l'odio di tutti i suoi figli.
A questa destra che non ha titolo perl dettare regole, come fa con supponenza e arroganza, dati i disastri da essa provocati e il marasma in cui ci troviamo per causa sua, si contrappone una sinistra che si muove in direzione opposta  per porre rimedio alle cause che il disastro hanno determinato. Un pensiero critico mondiale nei confronti del finanzcapitalismo, come viene definito da Gallino, non è tuttavia patrimonio esclusivo degli economisti e dei sociologi di sinistra. Gran parte della cultura economica mondiale manifesta malessere e critica nei confronti di teorie liberiste sempre meno difendibili.
Nell'ambito di questa riflessione internazionale sulla crisi è significativo il recente  incontro tra i leader dei maggiori partiti della sinistra europea dal quale prende l'avvio il  cosiddetto "manifesto di Parigi", com´è stato ribattezzato dall´Unità. Si tratta dell'intesa tra Bersani, Hollande (Ps) e Gabriel (Spd) per una sorta di programma socialdemocratico del XXI secolo, primo  abbozzo di risposta politica concreta dell'Europa che lavora contro l'aggressione della finanza senza controlli.
In controtendenza,da una concitata riunione di "Areadem, svoltasi ieri mattina, parte una durissima critica al segretario nazionale Bersani per la recente  presa di posizione in merito alla trattativa sul mercato del lavoro e per l'incontro di Parigi.
Tanta agitazione  per affermare un allineamento acritico all'azione del governo Monti denuncia un radicale scostamento della destra PD  rispetto al movimento della sinistra nel suo insieme e un chiarissimo spostamento verso posizioni politiche che sono chiaramente quelle del terzo polo.
Non vediamo quale sia lo scandalo di un partito della sinistra italiana che si confronta con i partiti della sinistra europea per trovare una alternativa alla politica delle destre.
Non vediamo quale sia lo scandalo di un Segretario del PD che sostiene le posizioni del mondo del lavoro, della CGIL e di Bonanni nella attuale trattativa col governo ( dovrebbe sostenere la Marcigaglia?).
I veltroniani con la loro scomposta agitazione in favore di una accettazione acritica di tutto ciò che propone il governo Monti si spingono oltre le posizioni dello stesso governo, ignorando che , mentre loro dividono sciaguratamente il fronte della sinistra, le lobby , sostenute e protette dal patron di sempre, impongono al governo duri dietro front sulle liberalizzazioni .
Lascio a voi ogni commento.

Giovanni Fazio



Allego l'articolo di Macaluso tratto dal "Riformista " del 22/02/2012 e quello di Giovanna Casadio da Repubblica di oggi 23/02/2012


 
Pd, dai filo-Monti stop al segretario "Il nostro sostegno sia senza ombre"



Franceschini: "Non possiamo certo essere noi a tenere il governo a bagnomaria"

GIOVANNA CASADIO


ROMA - Dopo tre ore di riunione, Antonello Giacomelli, che è stato capo della segreteria quando Dario Franceschini guidava il Pd, lancia un tweet che riassume gli umori sull´ultimo scontro democratico: «Dal patto di Vasto al manifesto di Parigi. L´evoluzione è stata notevole. Quella geografica, intendo». Perfidia di un cattolicodemocratico. Il "manifesto di Parigi"- com´è stato ribattezzato dall´Unità - è l´intesa tra Bersani, Hollande (Ps) e Gabriel (Spd) per una sorta di programma socialdemocratico del XXI secolo. Una mossa che ha risvegliato le ostilità anti-Pse degli ex Margherita. Si somma ai dissidi in casa Pd che girano attorno al nodo politico dell´appoggio a Monti e del futuro della sinistra.
La riunione era quella di ieri mattina di Areadem, la corrente di Franceschini. Sentimento dominante l´irritazione. Irritazione contro i "gauchisti" filo-Fiom ma anche contro Bersani e l´aut aut al governo Monti sulla riforma del lavoro e la messa in scena del conflitto Veltroni/Bersani. Franceschini in riunione è esplicito: «Il Pd è nato per rappresentare non una sola parte, e il nostro sostegno a Monti deve essere senza ombre, non possiamo certo tenere il governo a bagnomaria». Clima teso nel Pd, voci di scissioni che - dice il segretario - sono, come al solito, fatte circolare ad arte. Però non si possono minimizzare le spaccature tra i "full Monti" e i bersaniani. Veltroni e tutta la minoranza sostengono che «così si fa harakiri». Paolo Gentiloni è durissimo: «Monti non è il governo Badoglio», ripete. «Quando la smetteremo di incaprettarci sarà sempre troppo tardi», si sfoga Roberto Giachetti. Michele Meta chiede di «fare il tagliando al partito», non proprio un congresso (che sarebbe incomprensibile di questi tempi, con «i supermarket che vendono croste di formaggio a dimensione delle tasche dei pensionati», come replica Bersani) però qualcosa di molto simile. Perché «c´è un delirio su tutto», dalla legge elettorale («Sono ostile alle bozze che circolano nel Pd», s´indigna Parisi) al "manifesto di Parigi" , ma soprattutto su articolo 18 e riforma del lavoro. Beppe Fioroni, per dire, deve scrollarsi l´accusa di essere pronto all´abbraccio con i centristi dopo avere incontrato Passera («Ma era per parlare di Civitavecchia»). Tuttavia aggiunge: «Stiamo commettendo errori, perché siamo diventati complicatori, invece che facilitatori dell´intesa tra governo e parti sociali e così indeboliamo il paese». I veltroniani parlano di appiattimento sulla Cgil, che non piace affatto neanche al vice Enrico Letta.
Bersani sa bene che la messa in mora della sua leadership è sempre dietro l´angolo. La riforma del lavoro è solo la prima mina nel terreno accidentato che il Pd ha davanti. Però sul corteo Fiom c´è una retromarcia del "gauchisti" democratici. Bersani dichiara: «Non partecipiamo a manifestazioni contro il governo Monti ma se c´è una piattaforma compatibile, sì. Vedremo la piattaforma, ne discuteremo in segreteria». Stefano Fassina quindi frena: «Non farò nessuna fuga in avanti». Cesare Damiano è pronto a ripensarci, se la manifestazione Fiom del 9 marzo raccoglierà gli antagonisti, i no-Tav non andrà. Su Pse e Europa Bersani con un gruppetto Pd, ne discute a cena con Schultz.

 
Il tabù dei nemici
del tabù

di Emanuele Macaluso



problemi che pone la riforma del mercato del lavoro sono tanti e rilevanti. Ma si parla solo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Ed è curioso che proprio coloro che dicono di non fare di quell’articolo un tabù sono quelli che ne fanno un tabù.
Sembra che se non si cancella quell’articolo, nel mondo della produzione e del lavoro tutto debba restare come prima. In questo quadro le dichiarazioni della Marcegaglia sono sorprendenti e anche un po’ indecenti. Sorprendenti perché i suoi comportamenti, le trattative e gli accordi sulla contrattazione, non facevano certo pensare a una rinuncia alle riforme dell’articolo 18, ma sicuramente alla ricerca di una intesa complessiva con i sindacati. Indecenti perché fa di qualche caso di abuso (e ci sono stati) un’accusa che coinvolge il sindacato nel suo complesso. Non è un caso che i ministri più disastrosi del disastroso governo Berlusconi hanno alzato la voce proponendo, ancora una volta, la cancellazione dell’articolo 18 come uno spartiacque tra chi vuole le “riforme” e chi le nega. Ridicolo.
Debbo dire che la dichiarazione del presidente del Consiglio secondo la quale, se il governo non trova un accordo con le parti sociali, andrà avanti lo stesso è un’inutile sfida e un’imprudenza politica. Chi fa una trattativa deve solo dire che farà di tutto per concluderla positivamente. Se malauguratamente non riuscisse, decida il da farsi valutando la situazione nel momento in cui il fatto si verifica. Invece no: si discutono ipotesi e atteggiamenti muscolari. Bersani non poteva dire altro che quel che ha detto: se, nonostante la rottura con i sindacati, il governo presenta un testo è un fatto negativo ma valuteremo i contenuti per decidere come votare. E cosa doveva dire? Votiamo a scatola chiusa?
La reazione di alcuni giornali a questa posizione è solo strumentale. Tuttavia, il sindacato, che ha finalmente raggiunto una significativa unità, non deve restare sulla difensiva. È vero, oggi i licenziamenti si verificano perché le aziende chiudono o riducono drasticamente l’occupazione, e l’articolo 18 non c’entra niente.
Ma è anche vero che non ha senso rifiutare un confronto sul complesso dei problemi che quell’articolo pone, purché resti ferma la norma costituzionale di libertà contro ogni licenziamento per rappresaglia, per motivi politici, sindacali e razziali. I sindacati confederali hanno avuto sempre una moralità nella concezione del lavoro che contraddice radicalmente con la difesa dei “fannulloni”. Non scherziamo con il dramma che oggi attraversa tutto il mondo del lavoro.
La legittima preoccupazione di perdere il lavoro ha innalzato la produttività, anche dove non si verificano innovazioni tecnologiche. I tempi sono difficili per tutti e il governo opera per fare uscire il paese da una morsa che può schiacciarlo: per questo va sostenuto, ma esso deve anche operare per non perdere il consenso dei lavoratori. La ridicola campagna di “sinistra” contro il “governo delle banche” va respinta perché i fatti dimostrano il contrario. Ma chi pensa che quello di Monti poteva essere il governo della sinistra alternativa alle banche e al mondo dell’impresa, è un cretino. Del resto in passato chi ritenne che dovesse esserlo il governo Prodi, (classe contro classe!) provocò solo disastri e costruì autostrade a Berlusconi. La sinistra lavori e operi per essere se stessa e progettare un futuro diverso per questo paese.
mercoledì, 22 febbraio 2012




martedì 21 febbraio 2012

VELTRONI E IL PD



                   L'intervista rilasciata domenica scorsa da Walter Veltroni a Curzio Maltese sul quotidiano Repubblica  rilancia in avanti il dibattito che, all'interno del PD e della sinistra , non solo in Italia, affronta i problemi che scaturiscono dalla grave crisi del capitalismo e quindi dai presupposti di uno sviluppo senza limiti e senza fine, dall'esaurimento delle risorse del pianeta, dal surplus produttivo che contrasta con la povertà assoluta di due miliardi di esseri umani e con la morte per fame di milioni di bambini.
                   Non si possono eludere i temi fondamentali riguardanti il presente e il futuro dell'umanità e quindi anche nostro. Non si possono impostare politiche nazionali e locali eludendo l'analisi delle cause che hanno determinato i guasti incommensurabili della devastante finanziarizzazione dell'economia mondiale.
                   Non è quindi "ideologia" ma concretezza politica relazionarsi alle questioni fondamentali e quindi, anche in Italia, impostare una politica che affermi il primato della politica sul mercato. Abbiamo cioè il dovere di mettere al primo posto gli esseri umani e quindi di porre regole e limiti severi all'ingordigia liberista e alle teorie di coloro che ci hanno portato in tale disastro.
                   Quando Veltroni dichiara " Monti è un riformista, non lasciamolo alla destra. Basta tabù sull'articolo 18"  credo che provochi in, primo luogo, un sorriso dello stesso Monti che  sa benissimo che nessuno può regalarlo alla destra in quanto lui è la destra. Una destra onesta,diversa da quella che ha sgovernato per quasi un ventennio l'Italia, una destra liberale che crede nello stato, nella autonomia della magistratura, nella libertà di stampa e in tutti quei valori che caratterizzano la democrazia liberale, quegli stessi valori condivisi e di base che una parte della sinistra nel secolo scorso non esitava a bollare col termine di "democrazia formale" . Dopo il fallimento mondiale del comunismo che questi valori irrideva come sirene del dominio della borghesia,  è chiaro a tutti che non ci può essere giustizia sociale senza i diritti civili che non sono  "formali" ma rappresentano la sostanza della nostra civiltà.
                   Tuttavia limitarsi a sostenere esclusivamente  la forma democratica dello stato non è sufficiente, come dimostrano i guasti di oggi e come confermano, al contrario, più di sessanta anni di esperienza delle socialdemocrazie scandinave che hanno realizzato società lontane anni luce dalla nostra.
                   Perché i diritti scritti sulla carta costituzionale si traducano nella realtà in cose concrete è necessario promuovere politiche sociali che affrontino sia nel nostro paese che in un contesto europeo e mondiale i bisogni emergenti dei lavoratori, dei disoccupati, delle donne, dei giovani insomma di tutti coloro che in questi giorni non scorazzano sui suv a Cortina. E' necessario modificare le regole che reggono la società mondiale e subordinare il mercato e la finanza ai bisogni dell'uomo.
                   E allora, partendo proprio dai valori della nostra democrazia tanto martoriata, non è immaginabile, come pensa Veltroni ,che in altra occasione non ha esitato di osannare Marchionne, che la risposta sia nello smantellamento dei diritti dei lavoratori, così come si sono configurati in sessant'anni di lotte e di sacrifici .
                   Non possiamo accettare formule liberiste che, in nome della "flessibilità" e dell'aderenza alle leggi del libero mercato, riducano i nostri lavoratori agli stessi livelli dei poveri albanesi che si accontentano di lavorare per pochi euro al giorno. Non possiamo minimamente pensare che, di fronte elle enormi ricchezze che si accumulano nel pianeta, la risposta alla crisi sia quella di ridurre i diritti e gli stipendi dei nostri lavoratori portandoli allo stesso livello di quelli dei lavoratori cinesi.
                   Non possiamo pensare che un partito che ha  ereditato dalla storia la difesa dei diritti costituzionali connessi in maniera inscindibile a quelli dei lavoratori, auspichi, come fa Veltroni, una dicotomia col mondo del lavoro, rinnegando la CGIL e, con essa ,  lo stesso statuto dei lavoratori o parti importanti di esso. Se il PD non è più espressione di quei ceti sociali (una volta detti correttamente "classe") dei loro bisogni e della loro cultura,  quale cultura e quali ceti intende rappresentare? Quale modello di società intende proporre alla intera nazione?  
                   E' questo il nocciolo del dibattito che sta animando il PD. Da una parte l'interclassismo paternalistico  e "illuminato" di Veltroni che in nulla differisce dal pensiero liberale che anima lo stesso Monti,  dall'altra chi al liberismo economico e alla voracità della finanza e dei mercati si contrappone portando avanti e non abolendo l'umanesimo che nasce dalla cultura del lavoro.
                   Anche se stiamo tutti sulla stessa barca non dimentichiamoci che c'è chi rema e ha sempre remato e chi se la spassa nei saloni di prima classe. L'esigenza di un etica anticapitalistica della società che ponga al centro l'uomo, il lavoro, il benessere sociale e non il mercato è alla base di questo dibattito che anima il PD e la logica delle sue alleanze.
                   Monti sta svolgendo un buon lavoro, restituendo dignità ed efficienza allo stato, ripristinando le regole fondamentali della convivenza democratica, lottando contro la corruzione e le camarille, creando una nuova etica pubblica anche rispetto ai reati fiscali . Sta costruendo le premesse sulle quali gli uomini di buona volontà potranno lavorare per trovare uno sbocco alla attuale crisi.
                   Lo fa a modo suo da liberale e non tutto ciò che fa è condivisibile, tuttavia ne apprezziamo lo sforzo nel suo complesso.
              La crisi è una grande opportunità per individuare i mali che l'hanno generata, per questo  assistiamo da più parti alla nascita e alla evoluzione di un nuovo pensiero critico  che vede, sia pure con posizioni molto differenziate, dalla stessa parte i  più attenti esponenti della socialdemocrazia tedesca, fortemente critici nei confronti della politica di Merkel, il candidato della sinistra francese Hollande, molti sociologi  ed economisti tra cui il nostro Luciano Gallino e la nuova scuola della  Modern Monetary Theory, come scrive Rampini da New York, " ... che ha l´ambizione di essere la vera erede del pensiero di Keynes, adattato alle sfide del XXI secolo. Che ha la certezza di poter trainare l´Occidente fuori da questa crisi. A patto che i governi si liberino di ideologie vetuste, inadeguate e distruttive. È una rivoluzione copernicana, il cui alfiere porta un cognome celebre: James K.Galbraith, docente di Public Policy all´università del Texas e consigliere "eretico" di Barack Obama."

"Il nuovo Verbo che sconvolge i dogmi degli economisti, assegna un ruolo benefico al deficit e al debito pubblico. È un attacco frontale all´ortodossia vigente. Sfida l´ideologia imperante in Europa, che i "rivoluzionari" della Modern Monetary Theory (o Mmt) considerano alla stregua di un vero oscurantismo. Quel che accade in questi giorni a Roma e Atene, l´austerity imposta dalla Germania, per i teorici della Mmt non è soltanto sbagliata nei tempi (è pro-ciclica perché taglia potere d´acquisto nel bel mezzo di una recessione), ma è concettualmente assurda. "

Consiglio di leggere l'intero articolo di Rampini pubblicato su Repubblica del 21 Febbraio.

        C'è una nuova sinistra  che si interroga in maniera non ideologica e non dogmatica sulle nuove strategie che si debbono mettere in atto non solo per uscire dalla attuale crisi ma per dare una risposta organica e complessiva alle ineludibili problematiche aperte drammaticamente da essa e dal sistema che l'ha generata.
       Da questa nuova frontiera si parte riaffermando e spostando in avanti i diritti che sono il portato storico sociale e le fondamenta della nostra civiltà e difendendoli dove oggi vengono attaccati.
       La linea di demarcazione dello scontro passa anche attraverso la difesa dell'articolo 18 della statuto dei lavoratori.
Su questo Veltroni si è fatto pateticamente scavalcare a sinistra anche da Bonanni, il ché è tutto dire.

       Ci auguriamo che la sinistra italiana non si faccia sfuggire la grande occasione di rilancio di una politica che le ridia spazio e ruolo. In questo quadro va visto positivamente, anche all'interno del PD, il risultato delle primarie a Genova.
     Non bisogna "correre ai ripari", come chiede ottusamente qualcuno all'interno del partito, ma far tesoro di questa nova forma partecipativa della società civile.

      E' in atto un grande processo di riappropriazione della politica da parte dei cittadini, l'avevamo atteso, insieme a Nanni Moretti da tempo, adesso il momento è arrivato.
     A questo punto una scelta nel partito è ineludibile: non operarla significherebbe non aderire alla esigenza di chiarezza che  i tempi e i fatti esigono dalla più importante formazione politica della sinistra italiana. E' indispensabile uscire dal limbo della non scelta e scendere nelle strade, in mezzo ai cittadini.
    E' necessario pagare il prezzo del biglietto per salire sul treno di un movimento internazionale che rialza la testa e ridefinisce le basi ideali e le strategie per un nuovo progetto di umanità: perdere questo treno potrebbe significare restare per sempre a terra.
  Non sempre le scelte auspicate si realizzano, e non sempre la storia va nella direzione da noi sperata.

Giovanni Fazio